Contributi pubblici al non profit, la pubblicazione entro il 30 giugno 2020
Martedì 30 giugno 2020 è la data ultima per la pubblicazione dei contributi pubblici ricevuti dagli enti del non profit.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha dato la possibilità alle associazioni che devono ottemperare a quest’obbligo di trasparenza e pubblicità, ma che sono prive sia di un sito internet che di un profilo facebook e che non fanno parte di nessuna rete associativa, di poterlo fare attraverso una pagina online del CSV di riferimento.
Se non hai nessuna delle possibilità di pubblicazione sopra descritte puoi usufruire del nostro spazio on line messo a disposizione gratuitamente compilando e inviandoci via email all’indirizzo info@csvrc.it il modulo che puoi scaricare CLICCANDO QUI.
Fra gli adempimenti in capo agli enti non profit che sono stati prorogati in questi ultimi mesi a causa dell’emergenza Covid-19, non rientra quello relativo all’obbligo di pubblicazione dei contributi pubblici ricevuti nell’anno precedente. L’obbligo scatta solo qualora l’ammontare dei contributi sia pari o superiore a 10.000 euro e il termine per la pubblicazione è il 30 giugno 2020.
I soggetti interessati: associazioni, fondazioni e Onlus
La fonte di riferimento è rappresentata dalla Legge 4 agosto 2017, n. 124, in particolare ai commi da 125 a 129, modificata nella formulazione attuale dal Decreto legge 30 aprile 2019, n. 34 (“Decreto Crescita”), che ha disposto in modo permanente alcuni obblighi di trasparenza riguardanti i contributi pubblici ricevuti (anche) dagli enti non profit. Importanti chiarimenti sul tema sono poi stati forniti dalla Circolare del Ministero del Lavoro, n. 2 dell’11 gennaio 2019.
L’obbligo in questione si applica anzitutto alle associazioni, alle fondazioni e alle Onlus che hanno ricevuto sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti, in denaro o in natura, non aventi carattere generale e privi di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria, pari o superiori a 10.000 euro, da parte:
- delle pubbliche amministrazioni (art.1, c.2, del Decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165);
- dei soggetti (art.2-bis del Decreto legislativo 14 marzo 2013, n.33).
Sono inoltre soggette all’obbligo di rendicontazione anche le associazioni di protezione ambientale e le associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale (che in realtà già vi rientravano in quanto appunto “associazioni”), e le cooperative sociali che svolgono attività a favore degli stranieri di cui al Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
Pur non menzionando nello specifico gli enti del Terzo settore, è evidente come la normativa richiamata si applichi anche agli enti del terzo settore (e quindi, ad oggi, alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale), nonostante il Codice del Terzo settore disponga già per essi alcuni importanti obblighi in tema di trasparenza.
I soggetti interessati: le imprese
La Legge 124/2017 distingue i soggetti menzionati nel paragrafo precedente da quelli che esercitano attività d’impresa, ai sensi dell’art.2195 del Codice civile, disponendo per essi modalità di pubblicazione parzialmente diverse rispetto a quelle previste per associazioni, fondazioni e Onlus, di cui si dirà a breve.
Fra tali soggetti rientrano sicuramente le società di cui al Libro V del Codice civile, oltre che le imprese sociali costituite in forma societaria.
Il discorso si fa più problematico per le cooperative sociali, che sono sia “società” che “onlus” (di diritto): la Circolare ministeriale menzionata in precedenza afferma la prevalenza del primo profilo e quindi le cooperative sociali (tranne quelle che svolgono attività a favore degli stranieri) sono tenute ad adempiere all’obbligo di pubblicazione nelle stesse forme previste per le società.
Il contenuto dell’obbligo e il termine per la pubblicazione
L’obbligo scatta solo nel momento in cui gli enti menzionati (associazioni, fondazioni e Onlus da un lato, società dall’altro) abbiano ricevuto contributi pubblici per una cifra pari o superiore a 10.000 euro: il riferimento è l’anno precedente cioè, per quest’anno, il periodo che va dal 1° gennaio al 31 dicembre 2019.
Una fondamentale novità rispetto alla formulazione originaria della disposizione è che non tutte le risorse provenienti dagli enti pubblici rientrano nel plafond dei 10.000 euro, ma solamente quelle relative a “sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti, in denaro o in natura, non aventi carattere generale e privi di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria”.
Ciò significa che eventuali apporti economici di natura corrispettiva (commerciale) con gli enti pubblici non rientrano nel computo dei 10.000 euro; vi rientrano invece i contributi concessi dall’ente pubblico a titolo di liberalità oppure dietro presentazione di uno specifico progetto da parte dell’associazione. Il fatto che siano esclusi anche i contributi “di carattere generale” porta a ritenere che le somme erogate a titolo di 5 per mille non vadano ricomprese nel computo totale.
I contributi possono essere non solo in denaro ma anche “in natura”. La Circolare del Ministero del Lavoro ha precisato che per queste ultime si intendono le risorse strumentali, quali ad esempio un bene mobile o immobile concesso in comodato dalla pubblica amministrazione: in tal caso si dovrà indicare il valore del bene dichiarato dall’ente pubblico che lo ha attribuito.
Ulteriori precisazioni sul limite dei 10.000 euro
Ai fini della pubblicazione occorre tener conto dei contributi “effettivamente erogati”: ciò significa che vanno conteggiate solo le somme che l’ente ha effettivamente incassato nel corso del 2019 e non quelle che sono state solamente stanziate dall’ente pubblico ma non ancora incassate dall’organizzazione.
La Circolare ministeriale ha inoltre chiarito che il limite dei 10.000 deve essere inteso in senso cumulativo, riferendosi al totale degli apporti pubblici ricevuti e non alla singola erogazione: esemplificando, se l’ente ha ricevuto durante l’anno contributi su due distinte progettualità da 9.000 euro ciascuna (da due differenti enti pubblici), il limite dei 10.000 euro è superato e scatta quindi l’obbligo di pubblicazione di tali somme.
Le informazioni da pubblicare
La Circolare ministeriale ha specificato che le informazioni devono essere pubblicate in modo schematico e comprensibile per il pubblico, individuando come necessarie le seguenti voci:
- la denominazione e il codice fiscale del soggetto ricevente (l’associazione);
- la denominazione del soggetto erogante (la pubblica amministrazione);
- la somma incassata (per ogni singolo rapporto);
- la data di incasso;
- la causale (cioè la descrizione relativa al motivo per cui tali somme sono state erogate: ad esempio, come liberalità oppure come contributo in relazione ad un progetto specifico presentato dall’ente).
Un fac-simile di rendiconto dei contributi pubblici può essere scaricato qui.
Le modalità e i termini di pubblicazione
Le associazioni, le fondazioni e le Onlus (oltre alle cooperative sociali che svolgono attività a favore degli stranieri) pubblicano entro il 30 giugno 2020 i contributi ricevuti sul proprio sito internet oppure su “analogo portale digitale”. La Circolare ministeriale ha ammesso, per le organizzazioni che non hanno il sito internet, la possibilità di utilizzare la pagina Facebook dell’ente. Sempre secondo la Circolare, qualora l’organizzazione non avesse nemmeno la pagina Facebook, l’obbligo può comunque essere adempiuto pubblicando i contributi sul sito internet della rete associativa alla quale l’ente aderisce.
Le società (comprese le cooperative sociali e le imprese sociali in forma societaria) sono invece tenute a pubblicare le stesse informazioni nella nota integrativa del bilancio di esercizio e dell’eventuale bilancio consolidato. Il termine è quello ordinario previsto per l’approvazione del bilancio.
I soggetti che redigono il bilancio in forma abbreviata e quelli comunque non tenuti alla redazione della nota integrativa assolvono all’obbligo pubblicando le informazioni, entro il 30 giugno 2020, sul proprio sito internet, secondo modalità liberamente accessibili al pubblico o, in mancanza, sui portali digitali delle associazioni di categoria di appartenenza.
Le sanzioni previste
Come conseguenza dell’inosservanza dell’obbligo di pubblicazione è prevista (anche per le associazioni, le fondazioni e le Onlus) in prima battuta una sanzione economica pari all’1% degli importi ricevuti, con un importo minimo di 2.000 euro, oltre alla sanzione accessoria dell’obbligo di pubblicazione. Se da tale contestazione passano 90 giorni e l’organizzazione non provvede alla pubblicazione e al pagamento della sanzione, si avrà l’ulteriore sanzione della restituzione integrale delle somme ricevute.
Il soggetto competente a disporre tali sanzioni sarà la pubblica amministrazione che ha erogato il beneficio.
Fonte: CSVnet