Base sociale degli enti di terzo settore, si esprime il ministero
Così come indicato nella Costituzione, gli enti del terzo settore sono liberi di avere tra i propri soci non solo persone fisiche, ma anche soggetti collettivi. Come si legge in un articolo del Cantiere terzo settore, ogni ente, infatti, è autonomo nell’identificare quale sia la struttura più adatta al perseguimento delle sue finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Il Codice del Terzo settore prevede alcune restrizioni per alcune tipologie di enti ed è proprio su di esse che si è espresso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali in una nota del 5 febbraio 2020 inviata in risposta ai quesiti di Regione Piemonte e Forum Nazionale Terzo Settore e diffusa sul sito del ministero per la rilevanza del tema. Ecco le risposte su associazioni di promozione sociale (Aps), organizzazioni di volontariato (Odv) e presenza delle imprese negli enti del terzo settore (Ets).
Le limitazioni per associazioni di promozione sociale e organizzazioni di volontariato
Come noto il codice del Terzo settore prevede che, nel caso delle Aps che per le Odv, il numero di enti diversi dalla natura dell’associante non può essere superiore al 50% rispetto al numero di Aps nel primo caso e delle Odv nel secondo (articoli 32, comma 2 e 35, comma 3 del dlgl 117/2017). La nota del Ministero precisa la natura qualitativa degli enti diversi, che debbono comunque essere esclusivamente altri enti iscritti al registro unico nazionale del terzo settore (Runts) o comunque enti non lucrativi.
Facendo un esempio, una Odv può avere nella sua base sociale 10 altre Odv e sino ad un massimo di 5 enti appartenenti ad altre tipologie di Ets o comunque altri enti non lucrativi di cui al Libro I C.C..; viceversa, altro esempio, non si ritiene ammissibile che di una Aps facciano parte solo persone fisiche ed enti del terzo settore o senza scopo di lucro diversi dalle Aps.
È ovvio che se un ente voglia superare questi vincoli può farlo liberamente perdendo, però, la qualifica di Odv e Aps e dovendo richiedere l’iscrizione in altra sezione del Runts. Oltre a questi due limiti, non sono previsti ulteriori indicazioni.
La Regione Piemonte ha chiesto ulteriori chiarimenti al Ministero sulle indicazioni da inserire nello statuto relative alla presenza nella compagine sociale di Aps e Odv sia di persone fisiche che di enti del terzo settore o senza scopo di lucro. Nella nota si ribadisce che la presenza in qualità di soci di enti non omogenei con la tipologia dell’associante, dovrebbe essere consentito solo se previsto dallo statuto e nel caso in cui nelle stesse basi associative siano presenti, in numero adeguato, enti che abbiano la stessa natura dell’ente interessato (non superando, quindi, il limite del 50%).
Quali sono le conseguenze in questa fase di passaggio? Sempre secondo quanto si legge nella nota, in previsione della trasmigrazione per le Odv e le Aps oggi già iscritte nei relativi registri se non apertamente in contrasto con le disposizioni regionali attuative delle preesistenti disposizioni in materia, è possibile procedere con un avviso agli enti affinché adeguino i relativi statuti e la propria composizione. Se il mancato adeguamento alla norma dovesse emergere, invece, durante la fase di passaggio al registro unico nazionale del terzo settore, potrebbe diventare motivo di impedimento all’iscrizione alle sezioni Aps o Odv, fatta salva, naturalmente, la possibilità, al ricorrere dei relativi presupposti, di iscriversi in altra sezione del registro unico.
Come gestire la presenza di imprese negli Ets?
La seconda questione su cui si è espresso il Ministero è stata sollevata dal Forum Nazionale del Terzo Settore che ha richiesto un chiarimento su eventuali vincoli per le imprese (comprese quelle for profit) che facciano parte della base associativa degli Ets. La richiesta si estende anche alla possibilità che ne possano detenere il controllo e, se così fosse, se possa essere esercitato da un’unica impresa o eventualmente in forma congiunta.
Nel decreto legislativo sulle imprese sociali si ribadisce che gli enti for profit “non possono esercitare attività di direzione e coordinamento o detenere, in qualsiasi forma, anche analoga, congiunta o indiretta, il controllo di un’impresa sociale”. Nel Codice del terzo settore, invece, le imprese non sono menzionate tra i soggetti esclusi dalla qualifica di Ets o che non possano esercitare sugli Ets stessi alcuna forma di direzione, coordinamento e controllo.
Alla luce di questo, il ministero ha ribadito che – esclusi i già citati casi di Odv e Aps – le imprese (comprese quelle for profit) possono “costituire o partecipare successivamente alla base alla base associativa degli Ets nonché detenerne il controllo, sia in forma singola (da parte di una unica impresa) che in forma congiunta tra due o più di esse”. L’importante, come in tutti gli altri casi, è che l’ente costituito persegua senza scopo di lucro le finalità civiche solidaristiche e di utilità sociale e lo svolgimento in via esclusiva o principale di una o più attività di interesse generale nelle forme (azione volontaria, erogazione gratuita di denaro, beni o servizi ecc.) proprie della tipologia di enti cui di volta in volta ci si riferisce e sia iscritto al registro unico. Ad esempio, una impresa profit può essere fondatrice e socio unico di una fondazione iscritta al Runts.
Circa i controlli su vincoli e limiti previsti per gli Ets, gli uffici del Runts seguiranno gli aspetti relativi alla sussistenza e mantenimento dei requisiti necessari per diventare Ets, il perseguimento delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e l’adempimento degli obblighi derivanti dall’iscrizione. L’amministrazione finanziaria, invece, farà la vigilanza sui profili fiscali al fine di evitare un uso strumentale ed elusivo delle disposizioni di vantaggio previste nel Codice medesimo per gli Ets.
Fonte: CSVnet